Tra il 1943 e il 1945 si assiste in Italia ad un nuovo
fervore nel mondo del lavoro, si sviluppa e rafforza la
Resistenza per sconfiggere la dittatura e per ripristinare
la democrazia e la libertà. A fare da cornice il difficile
quadro storico-politico italiano: la caduta del regime
fascista nel luglio del 1943, la fuga del Re e di Badoglio e
la costituzione della Repubblica Sociale al Nord, la guerra.
La sfida che si trovano ad affrontare i partiti del Comitato
di Liberazione Nazionale (CNL) e i leader sindacali Buozzi,
Di Vittorio e Grandi per la riorganizzazione sindacale
risulta molto complessa.
La nascita della UIL si inquadra a pieno titolo nel clima e
nello spirito della ricostruzione.
Il DNA della UIL parte dunque da lontano, esso è composto da
neucleotidi inconfondibili presenti in alcuni fin dalla loro
opposizione al regime fascista, rafforzatisi in altri
dall’impegno nella Resistenza e in altri ancora
consolidatisi nell’attività sindacale svolta nella
Confederazione unitaria. Uomini che hanno trasfuso
nell’organizzazione i principi perseguiti da Filippo Turati,
il capo riconosciuto dei riformisti, in congiunzione con
l’idealità di un altro grande padre della patria: Giuseppe
Mazzini, il cui pensiero è sempre stato di straordinaria
attualità.
Turati e Mazzini due giganti che hanno, in campo politico,
influenzato le scelte ideali di coloro che hanno fatto e
guidato la UIL, così come Bruno Buozzi né è stato l’esempio
da seguire in quello sindacale.
Il patrimonio ideale della UIL ha trovato un forte
arricchimento nel movimento azionista, negli insegnamenti
dei fratelli Carlo e Nello Rosselli e giovamento dalla
vicinanza politica di grandi uomini della cultura, come Leo
Valiani e Ignazio Silone. |
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Un sostegno che si è integrato perfettamente con il modello
di sindacato idealizzato da Bruno Buozzi alla cui edificazione aveva
profuso tante delle sue energie e che solo la sua uccisione ne aveva
impedito il completamento dell’opera intrapresa. |
Alla
“Casa dell’Aviatore”, il 5 marzo 1950 convennero dirigenti e delegati
operai che fino all’ultimo avevano tentato di evitare la scissione
del 1948. Nacque la UIL (Unione Italiana del Lavoro) con la
partecipazione di 253 delegati, in rappresentanza di migliaia di
dirigenti organizzati e presenti nella periferia, tutti decisi a
compiere una scelta organizzativa in grado di offrire ai lavoratori un’
organizzazione libera dall’egemonia delle due maggiori forze
politiche dominanti all’interno della CGIL (i comunisti) e della CISL (i
democristiani), un sindacato che forte delle sue radici, delle sue
idealità e della sua coerenza sapesse coniugare con esse l’attualità del
momento ed elaborare le linee strategiche della sua azione futura.
Il giorno seguente a Roma, nella prima sede della UIL a Via Tevere,
venne eletto il Comitato Esecutivo facente funzione di segreteria
confederale composto da: Giuseppe Bacci, Renato Bulleri, Arturo Chiari,
Enzo Dalla Chiesa, Emanuele Levi, Umberto Pagani, Amedeo
Sommovigo, Mario Tiberi, Raffaele Vanni. Il 28 aprile dello stesso anno
venne depositato dal notaio Ignazio Arcuri l’atto
costitutivo e lo statuto della UIL.
Nonostante le difficoltà dei primi anni di vita, l’azione della UIL fu
incalzante tra il 1955 e il 1960: basti ricordare un episodio fra tutti,
il grande successo che ottenne alla FIAT, il 29 marzo 1955, nelle
elezioni di Commissione Interna grazie al quale si affermò e consolidò
divenendo uno dei maggiori interlocutori all’interno della fabbrica.
La UIL fin dalla sua nascita diede vita ad un’organizzazione laica e
indipendente che rifiutava le egemonie partitiche nel sindacato, così
come di essere solo uno strumento “che esaurisce le sue funzioni nelle
rivendicazioni salariali e nella regolamentazione dei diritti e doveri
dei lavoratori in fabbrica o nella azienda”, ma con l’autonomia di
divenire una Confederazione capace di affrontare “tutti i problemi che
investono direttamente o indirettamente gli interessi della classe
lavoratrice” in modo da non lasciare “ alla sola iniziativa parlamentare
e dei partiti politici di occuparsi dei suoi problemi, ma di
affrontarli sostenuti dal sindacato con l’eventuale appoggio dei partiti
senza però vincolare la sua azione a questo o quel partito”. |
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Una
posizione fondamentale che inciderà sul mantenimento del ruolo sindacale
dell’organizzazione e ne ispirerà molta parte della politica
rivendicativa. |
I padri
fondatori della UIL, qualunque fosse la loro provenienza o
estrazione politica, sindacalisti del pre-fascismo,
socialisti, socialdemocratici, azionisti, repubblicani o
altro trassero dalla fusione dei valori fondamentali, di cui
erano portatori, l’energia necessaria per lanciare
l’organizzazione e farla conoscere ed apprezzare come nuovo
modello di sindacato.
Dalla storia ed ancor più dalla cronaca degli ultimi
congressi, si evince come e quanto la UIL ponendo al centro
della sua azione il lavoro come valore assoluto e vera
ricchezza per il Paese ritenga il riformismo quale unica via
per lo sviluppo e la piena valorizzazione di tutta la
società. |
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È
l’affermazione di quel DNA che i laici e i riformisti hanno
saputo trasmettere e che i continuatori non mancheranno a
loro volta di passarlo a coloro che seguiranno garantendo il
mantenimento del progressivo sviluppo dell’organizzazione. |
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